Gli esperti alzano la voce: negli ultimi anni, la terapia della parola sta via via scomparendo. Sempre meno incontri e colloqui (pandemia permettendo), a loro avviso, dai bambini agli adulti. Sarebbe utile dare più tempo al racconto.
A Roma v'è stata una giornata intera di dibattito tra i rappresentanti dell'Associazione Italiana Psicologia Analitica, dell'European Federation for Psychoanalytic Psychotherapy e della Società psicoanalitica italiana, sull'efficacia della psicoterapia psicoanalitica nei contesti di cura. Freudiani e junghiani insieme per denunciare che, negli ultimi anni, la terapia della parola sta venendo meno nei centri pubblici dedicati ai disturbi mentali. Meno verbo, e sempre più terapie farmacologiche.
Spiega Luisa Carbone Tirelli, presidente dell'Associazione italiana di psicoterapia psicoanalitica dell'infanzia, adolescenza e famiglia: «Non tutti i disturbi posso essere eliminati con cure a base di pillole soprattutto tra i piccolissimi. Eppure oggi, un bambino, per iniziare nel pubblico un percorso di tipo psicologico, può arrivare ad aspettare anche un anno. Tutti sappiamo che intervenire in tempo significa cambiare il corso della vita di un futuro adulto. Oggi, invece, è dilagante la medicalizzazione dei problemi, senza tenere in considerazione quale potrebbe essere il beneficio di un'analisi più ampia. Che si occupi della sua famiglia, del suo quotidiano».
C'è un vissuto, per molti bambini, fatto di notti insonni, di alimenti rifiutati, di difficoltà a tenere relazioni, di mutismi improvvisi. «Riuscire ad avvicinarli in modo diverso – aggiunge Luisa Carbone Tirelli – significa aiutarli a costruire il processo di un pensiero. A toccare le paure e superarle con il terapeuta e i genitori. Un lavoro lento, un lavoro che sicuramente porta dei grandi vantaggi ma che oggi il servizio pubblico non riesce a dare. Direi non riesce più a dare. Se ci voltiamo dobbiamo constatare un grande passo indietro».
Stesso tipo di strategia terapeutica per l'adulto. Visita, farmaco e niente parole. Eppure, la scelta psicoanalitica potrebbe portare anche un risparmio a lungo termine per il servizio sanitario. Basta ricordare che, in Italia, sei milioni di persone sono colpite da due o più disturbi psichici. Parliamo di ansia e depressione per citarne solo due: «Sono 2,8 milioni coloro che soffrono di depressione, il 5,4% della popolazione dai quindici anni in su – ricorda Anna Maria Nicolò presidente della Società psicoanalitica italiana – , eppure assistiamo ad una sostanziale esclusione di trattamenti basati sulla relazione nel pubblico perché ritenuti lunghi, costosi e incompatibili con la pratica psichiatrica».
Secondo le ultime stime dell'Organizzazione mondiale della sanità il 10-20% di bambini e adolescenti soffre di disturbi mentali.
E dice ancora Luisa Carbone Tirelli: «Riuscire a stare con un po’ di tempo insieme ad un bambino ci permette di vedere come si muove, perché ripete alcuni comportamenti. Lui non sa che cosa è un trauma e i ricordi si raccontano male ma riesce ugualmente a far capire e mostrare il disagio. Ovviamente lo si deve sapere interpretare e, soprattutto, spiegare ad una mamma o ad un papà».
L'obiettivo, quindi, è che il flusso dei propri pensieri riesca ad entrare nei servizi delle Asl a pieno titolo.